E’ caccia all’albino in Tanzania, il governo corre ai ripari
scritto per noi da Matteo Fagotto
La ventiseiesima vittima dell’anno (ma alcune fonti parlano di almeno 50 morti)
è stata rivenuta domenica scorsa dalla polizia: era un uomo, a cui erano stati
amputati la mano destra e i genitali. In Tanzania la caccia al bianco va di moda.
Se a morire fossero i veri mzungu (“bianco” in Swahili), ossia gli occidentali, la notizia avrebbe fatto il giro
del mondo. Ma a cadere sotto i colpi di bande improvvisate di assassini, istigati
da stregoni e sedicenti dottori, sono gli albini. O gli zeru, come vengono spregiativamente chiamati qui.
A causa di un difetto genetico, gli albini non sviluppano la pigmentazione della
pelle. E se in Europa la loro vita può rivelarsi estremamente difficile, vivere
sotto il sole tropicale significa essere condannati a una morte quasi sicura entro
i 30 anni per cancro alla pelle. Si calcola che in Tanzania, su una popolazione
di 39 milioni, circa una persona su 150 sia albina. Da sempre emarginati in molte
società africane (nell’800 gli albini venivano uccisi perché si riteneva fossero
figli di relazioni extra-coniugali con i coloni bianchi), ora gli zeru vengono perseguitati per officiare rituali magici o per propiziare fortuna e
ricchezze. Il fenomeno è talmente cresciuto da aver costretto il presidente tanzaniano,
Jakaya Kikwete, ad intervenire recentemente con un messaggio pubblico alla nazione,
in cui ha definito “vergognosi” gli assassinii.
Alle parole del presidente sono seguiti i fatti: Kikwete ha infatti nominato
parlamentare una donna albina (la prima nella storia del Paese), Al-Shymaa Kway
Geer, che collabora con le autorità per tentare di eradicare il fenomeno. Secondo
la Bbc, in aprile sarebbero state arrestate 172 persone, alcune delle quali avrebbero
confessato di aver ucciso gli albini per impadronirsi di determinate parti del
loro cadavere, da usare in rituali magici. La pratica è favorita dalla convinzione
che gli albini non siano veri esseri umani, ma fantasmi, e che quindi ucciderli
sia impossibile. Una credenza diffusa anche nei Paesi confinanti, e che ostacola
l’azione del governo. Cadaveri di albini uccisi in Tanzania sono stati trovati
in Kenya e Repubblica Democratica del Congo.
Le autorità hanno annunciato di voler registrare, in ogni distretto, i curatori
tradizionali, per poter monitorare la loro attività. Ma se l’azione repressiva
prosegue, promuovere una politica di sostegno nei confronti degli zeru (l’uso della parola è stato proibito nel 2000) è molto più difficile, perché
si scontra con le credenze redicate nella gente. Stando a quanto riferito dal
New York Times, l’organizzazione per i diritti umani Tanzanian Albino Society ha un budget di appena 15.000 dollari all’anno. Cambiare le credenze della gente
prenderà sicuramente molto tempo. Ma agli albini, per ora, basterebbe solo sopravvivere
in pace.
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