IMMIGRAZIONE: AVVENIRE, OCCIDENTE OCCHI CHIUSI COME SU SHOAH ROMA - "L'Occidente a occhi chiusi" non vuole vedere i barconi di clandestini, così come durante il nazismo nessuno vedeva i treni pieni di ebrei diretti ai campi di concentramento. A paragonare l'indifferenza verso gli immigrati irregolari dispersi in mare con quella delle popolazioni al tempo della Shoah è l'Avvenire con un editoriale in prima pagina. C'é, per il quotidiano dei vescovi, "almeno un equivoco in cui non è ammissibile cadere. Nessuna politica di controllo dell'immigrazione consente a una comunità internazionale di lasciare una barca carica di naufraghi al suo destino. E questa legge ordina: in mare si soccorre". A terra poi si guarderà a "diritto di asilo, accoglienza, respingimento". Ma prima "le vite si salvano".
Invece "quel barcone vuoto" arrivato sulle coste di Lampedusa, dimostra che oggi si fa strada "un'altra legge. Non fermarsi, tirare dritto", la "nuova legge del non vedere". "Come in un'abitudine, in un'assuefazione. Quando, oggi, leggiamo delle deportazioni degli ebrei sotto il nazismo - scrive Marina Corradi - ci chiediamo: certo, le popolazioni non sapevano; ma quei convogli piombati, le voci, le grida, nelle stazioni di transito nessuno li vedeva e sentiva? Allora erano il totalitarismo e il terrore, a far chiudere gli occhi. Oggi no. Una quieta, rassegnata indifferenza, se non anche una infastidita avversione, sul Mediterraneo". "Così è stata violata una legge antica - conclude l'editoriale - che minaccia le nostre stesse radici. Le fondamenta. L'idea di cos'é un uomo, e di quanto infinitamente vale".
Per il ministro alla semplificazione Roberto Calderoli ''ci vuole prudenza ed attenzione a dare credibilita' a quanto dicono''. Il riferimento e' ai superstiti eritrei dell'ultimo naufragio che sarebbe avvenuto nel Canale di Sicilia e che avrebbero detto di non essere stati soccorsi da altre imbarcazioni prima di essere raccolti da una motovedetta delle Fiamme Gialle. Per Calderoli ''siamo abituati a sentire che vengono da certi luoghi e al fatto che danno generalita' false per avere asilo come rifugiati''.
L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha espresso oggi preoccupazione per la tragedia degli eritrei morti nel Mediterraneo ed ha espresso allarme per il mancato soccorso in mare dei boat people eritrei. ''L'Unhcr sarebbe molto preoccupato se l'inasprimento delle politiche dei governi nei confronti dei boat people dovesse scoraggiare i capitani di imbarcazioni a non onorare i loro obblighi marittimi internazionali'', il soccorso in mare in primo luogo, ha detto dalla sede di Ginevra il portavoce dell'Unhcr Andrj Mahemic.
SUPERSTITI RACCONTANO, SONO MORTI IN 73
Quando sono sbarcati sul molo del porto di Lampedusa sembravano fantasmi, come ha raccontato uno degli operatori in servizio nel Centro di accoglienza. Cinque eritrei, tra cui una donna e due ragazzi minorenni, con il corpo ridotto a uno scheletro e gli occhi persi nel vuoto, che a fatica hanno ricostruito la loro odissea: "Siamo partiti oltre venti giorni fa dalla Libia, eravamo in 78. Noi siamo gli unici sopravvissuti. I nostri compagni morivano e noi gettavamo in mare i loro cadaveri". Una nuova tragedia dell'immigrazione il cui bilancio difficilmente potrà essere verificato. Il racconto dei superstiti viene ritenuto attendibile dalle organizzazioni umanitarie mentre il Viminale esprime dubbi e perplessità, anche se le autorità maltesi hanno comunicato di avere recuperato in serata quattro cadaveri. Gli immigrati sono stati soccorsi questa mattina da una motovedetta della Guardia di Finanza: erano su un gommone alla deriva, dopo essere rimasti per diversi giorni senza carburante e senza viveri. "Durante la traversata - ha raccontato Habeton, 17 anni, uno dei superstiti - abbiamo incrociato almeno dieci imbarcazioni, alle quali abbiamo chiesto inutilmente aiuto. Solo qualche giorno fa un pescatore ci ha offerto acqua e cibo". L'imbarcazione è stata intercettata al confine con le acque territoriali, in seguito a una segnalazione delle autorità maltesi a quelle italiane impegnate nell'operazione Frontex. Un allarme scattato solo all'alba di oggi, quando l'imbarcazione era ormai al limite delle acque di competenza del nostro Paese per quanto riguarda le operazioni Sar di ricerca e soccorso in mare. Una circostanza che rischia di fare esplodere un nuovo caso diplomatico tra Malta e l'Italia. L'ennesima strage nel Canale di Sicilia suscita anche la dura reazione di numerose organizzazioni umanitarie, da Save The children all'Alto commissariato Onu per i rifugiati. "E' allarmante - osserva Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Unhcr - che per oltre 20 giorni queste persone abbiamo vagato nel Mediterraneo senza che nessuna imbarcazione le abbia soccorse. Come se fosse passato il messaggio che ci arriva via mare sia una sorta di 'vuoto a perdere'". Boldrini ricorda che gli eritrei che arrivano in Italia via mare "sono richiedenti asilo, persone in pericolo che cercano protezione a e a cui l'Italia riconosce questo bisogno e questo diritto". Un riferimento, sia pure indiretto, alla politica dei respingimenti adottata dal governo italiano dopo l'accordo bilaterale con la Libia. Ancora più esplicito è Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati: "Dopo il primo respingimento dello scorso maggio, il numero di sbarchi è drasticamente diminuito, ma l'Italia ha detto a metà luglio alla Commissione europea che non avrebbe più fatto respingimenti e ciò non è vero perché ci risulta che nella prima parte di agosto ne siano stati fatti altri. Ce l'hanno comunicato i migranti stessi respinti in Libia, dove siamo presenti in un centro per immigrati". La polemica si ripercuote inevitabilmente anche tra le forze politiche: se il ministro Roberto Calderoli difende la "linea dura" sottolineando che grazie ai respingimenti gli arrivi di clandestini "sono fortemente diminuiti", il segretario del Pd Dario Franceschini dice di "provare orrore" di fronte al racconto dei cinque superstiti, e invita il governo "a chiarire in Parlamento quello che è successo". A Lampedusa, intanto, dopo i cinque eritrei soccorsi in mattinata, nel pomeriggio sono approdati altri due barconi. Uno dei quali è colato a picco mentre veniva trainato in porto. Una conferma che si tratta di vecchie "carrette", anche se il rischio di naufragare non ferma le traversate della speranza con il loro corollario di morti.